Nessuno nasce pulito è una raccolta di poesie che l’autore definisce di formazione poiché parte da sé stesso per affrontare e analizzare tematiche eterogenee, che in qualche modo ci coinvolgono, a cominciare dal titolo.
Pur avendo la possibilità di avvalermi della Premessa, che tra l’altro ho l’abitudine di leggere come Postfazione, ho meditato sul titolo cercando di capirne o di dare il mio significato fin quando mi son detta: Nessuno nasce pulito e nessuno, forse, vi rimane.
Quando si percepisce la consapevolezza di non essere “puliti”, c’è sicuramente chi cerca di liberarsi dello “sporco” della “polvere” che s’infiltra nella propria esistenza e che si accavalla inevitabilmente al secolo in cui si vive.
Dalla lettura di alcune di queste duecento poesie, intuisco nell’autore come una volontà di lasciare una sorta di guida a chi legge per sapersi meglio orientare in questa esistenza. Questo “accompagnamento” lo percepisco attraverso una sorta di disturbo che ci smuove, durante la lettura, dal torpore in cui siamo assorbiti e da cui alle volte ci lasciamo trascinare senza accorgerci di cosa realmente ci sta attorno.
Menzogne, inutilità, apparenze, la verità e la falsità nei miti, i vecchi e i nuovi valori, il superfluo, l’esistenza persa e ritrovata, dove Michele Nigro menziona spesso poeti, letterati, filosofi e antropologi.
Tra le varie cose a cui ho ripensato c’è un dialogo che ho avuto con una ragazza ai tempi dell’Università. Un giorno mi ha raccontato dei suoi pensieri, delle sue difficoltà esistenziali e di ricorrere allo psicologo per riuscire a vivere in maniera più serena aggiungendo inoltre, quanto fosse importante per lei questa figura per dare ordine al suo disordine; dell’importanza di avere una guida poiché altrimenti saremo delle “foglie al vento”.
Mi sento di essere stata “una foglia in balia di quel vento” ogni qualvolta leggo un romanzo o una poesia come nel caso di Nessuno nasce pulito, e scopro qualcosa che mi fa ripensare a determinate cose della mia vita.
Certamente un romanzo o una poesia non possono sostituire il grande lavoro che svolge la figura dello psicologo come nel caso della ragazza, ma è senza dubbio un luogo dove si possono scoprire tante cose su sé stessi e sugli altri, oltre a poter trovare conforto nelle parole.
Intervista a Michele Nigro su Nessuno nasce pulito
Evelina Murgia Quando una persona scrive, in particolare quando si tratta di poesie o alcune categorie di romanzi, si percepisce in qualche modo la figura dell’autore nelle sue emozioni e nei suoi pensieri, per questo mi incuriosisce sempre sapere qual è stato il motivo o i motivi che ti hanno portato a scrivere queste poesie.
Inoltre mi piacerebbe sapere il fine (se c’è), delle tue poesie e come mai la scelta del titolo di cui ho una mia idea, ma vorrei sentire la tua motivazione.
Michele Nigro Ho deciso di dare vita a questa che io amo definire una “raccolta di formazione” (così come esistono i romanzi di formazione) perché sentivo l’esigenza di dover “congelare” le mie poesie esperienziali in un unico corpo (dopo un’accurata cernita e un editing necessario): si tratta, come certamente avrai notato, di poesie che a volte sono diverse come stile le une dalle altre perché appartengono a periodi differenti della mia vita.
Periodi che ho volutamente mescolato tra di loro per non lasciare tracce temporali da seguire. Ho voluto quindi riunire i primi periodi, quelli della “formazione” appunto, della mia avventura in qualità di “scrittore di poesie” (non voglio usare il termine “poeta” perché mi sento, onestamente, ancora in cammino verso una poetica da definire e quindi preferisco considerarmi più “sperimentatore della parola” che Poeta!).
Il motivo che mi ha portato a scrivere questi componimenti non è mai lo stesso, pur essendoci una ricerca appassionata di fondo: infatti uno dei miei maggiori assilli è quello di non voler dimenticare, dopo aver concepito una poesia, l’immagine, la motivazione, l’idea intorno alla quale i versi sono andati a coagularsi pian piano.
C’è sempre un “nucleo”, fosse anche un solo verso, un mezzo verso o anche una sillaba, intorno al quale si condensa la struttura del componimento. Ecco, ricordare quel nucleo nel tempo è la mia “fissazione”: anche se la complessità della struttura sembrerebbe ricoprire quel nucleo, un vero poeta non dovrebbe mai dimenticare anche dopo decenni la natura di quel punto di partenza, il perché dell’esistenza di quel verso e di quella poesia. Altrimenti diventa sfogo momentaneo!
Nessuno nasce pulito è una raccolta abbastanza lunga ed eterogenea, è normale che abbracci tutte (o quasi tutte) le tematiche dell’esistenza: la società, la storia, l’amore, la religione, la ricerca di se stessi, la propria storia, ecc. Alcuni hanno rilevato nostalgia del passato, accusa nei confronti della società, critica verso le istituzioni dell’esistenza: mi dispiacerebbe se trasparisse solo questo. In realtà la mia ricerca poetica è “analisi”, introspezione non legata ai tempi ma che vuole essere “di uso universale”.
Non è, tanto per intenderci, una raccolta sul mio ombelico! Anche se giustamente si parte da se stessi. Dall’esperienza personale.
Non so quanta ermeticità posseggano i miei versi ma dietro ogni poesia apparentemente slegata da un senso logico, vi è una ricerca ben precisa, un obiettivo. La poesia non descrive, non dichiara, non spiega anche quando sembrerebbe avvicinarsi alla prosa, anche quando il verso libero tende ad essere “verso prosaico” in alcuni casi.
Il fine delle mie poesie, di questa mia raccolta?
Se non ti dispiace vorrei risponderti con parole non mie, ma di Ghiànnis Ritsos, tratte da una sua lirica che tengo appesa al muro nella casa dove vado spesso a scrivere in solitudine:
“Ma tu, a dispetto della pioggia e dei venti, insisti sotto la tua lampada, su questa sedia dura, per lasciare qualcosa a chi verrà dopo – almeno due versi…” (Debito autunnale)
È vero, si scrive per se stessi, per conoscersi, per dare forma all’insondabile per quanto è possibile, ma alla fine la motivazione è ancora più semplice: per lasciare almeno due versi a chi si ricorderà di me in un futuro senza di me.
Forse è esagerato dirlo, ma dopo aver pubblicato questa raccolta ho un po’ meno paura della morte (non che ne avessi, forse fa più paura l’oblio del pensiero di un individuo che la sua sparizione fisica): è vero, ho molto altro ancora da dire, ma è come se avessi messo al riparo dalla dimenticanza, mia prima di quella degli altri, un pezzettino di eredità.
Non si tratta di denaro o immobili ma di un’eredità impalpabile, immateriale, “inutile” dal punto di vista pratico ma preziosa per me e per chi vorrà leggerla con occhi assetati di verità esistenziali.
Per quanto riguarda il titolo: ho dato una spiegazione, un po’ criptica a dire il vero, nella Premessa.
Nessuna poesia nasce perfetta, pulita: è il risultato di un lavorio già di per sé affascinante; il foglio contenente la poesia “finita” (ma un componimento può dirsi “finito”?) è forse la parte più banale, quella pubblica del poetare.
In una nota della Postfazione di Davide Morelli sono stato più preciso: le poesie contenute nella raccolta derivano da esperimenti di quella che io chiamo “webpoetry” ovvero la pubblicazione di versi sul web (nella fattispecie sul mio blog “Nigricante“) accompagnate da immagini e spesso da un video musicale che ha delle analogie con il “tema” del componimento. Nel momento in cui ho deciso di pubblicarle su carta “nude e crude” le ho dovute “ripulire” dagli orpelli offerti dal blogging. E quando la parola si presenta nuda, viene giudicata per quello che è. Senza trucchi.
Pur non essendo nate pulite le mie parole hanno comunque affrontato, alla fine, l’esame del foglio bianco. Con quali risultati, in termini non di audience o di vendite (m’importa poco) ma di consapevolezza della mia poetica, ancora non mi è dato saperlo: è un processo in atto.
Da qui l’esigenza di farsi leggere e recensire, per riflettere su se stessi, per vedersi con occhi esterni, anche se il valore e il significato delle parole scritte li conosco e li conservo in me.
Due poesie di Nessuno nasce pulito
(P)ossession(e)
L’eterna manutenzione del superfluo
inghiotte il nostro tempo,
gli oggetti assediano l’essenza
come buchi neri avidi di luce.
Accogliemmo il sistema
con un grugnito d’orgoglio
e ora viviamo la vita di altri,
comodi prigionieri liberi.
Je est un autre
Riemergono dal passato brandelli di vita
e vedo agire tra le nebbie di ieri
un me convinto da un istinto malato,
che non riconosco oggi.
Figliastri di una coscienza forzata,
alternativi a noi stessi
abbiamo vestito i panni dismessi
di personaggi estranei, lontani
interpretando ruoli scaduti
inseguendo i progetti di altri.
Contro natura.
Mi stupisco dei molteplici io
che sono stato,
ne ripercorro le gesta e le intime ragioni
rifaccio la strada con loro, per capire.
Per trovare quella giusta.
Io è un altro, Je est un autre: espressione adoperata da Arthur Rimbaud.
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Grazie Evelina per le tue parole: ho condiviso la rece-intervista sul mio blog…
https://michelenigro.wordpress.com/2017/11/09/nessuno-su-le-notti-bianche-rece-intervista-a-cura-di-evelina-murgia/
Buon lavoro!
Michele
Grazie a te