Del dirsi addio, Marcello Fois

Ci sono dei meriti che i grandi libri hanno ed è quello che sono in grado di farci pensare e fare sia durante la lettura sia dopo averlo concluso.
Il valore nel libro Del dirsi addio è quello di farci porre, in particolar modo, tre pensieri: il modo in cui abbiamo detto addio a qualcuno o a qualcosa, a chiederci se riusciremo a dire addio nel miglior modo possibile e se saremo in grado di dire addio.

Si dice addio a tante cose nel corso della nostra vita tra le quali, un rapporto, un passato ingombrante, a una o più persone e infine, anche alla nostra stessa vita; ma quando è necessario dire addio, ne siamo sempre capaci?

Sergio Striggio è un commissario di polizia originario di Bologna che vive e lavora a Bolzano dove ha conosciuto l’attuale compagno, Leonardo Pallavicini, un insegnante di scuola elementare.
Il commissario ha da poco compiuto trent’anni quando Pietro, il padre di Sergio, lo raggiunge a Bolzano per dirgli che sta per morire.

Italy. Trentino-Alto Adige. Bolzano district, South Tyrol Bolzano. Piazza Walther

– Non devi spaventarti, – sussurrò il padre alla porta.
Ma Sergio ancora non riusciva o non voleva parlare. Lo conosceva bene quel mutismo, quella specie di afasia che lo prendeva. Era rabbia, in fondo. In un certo senso era livore: <<Maledetto, maledetto, – sibilava quell’afasia. Sei venuto qui per rovinarmi la vita. Crepa, crepa…>>
… Il padre avanzò di qualche passo all’interno della cucina, afferrò la spalliera di una sedia e se l’avvicinò tanto da potercisi sedere.
– Lo sai come mi sono innamorato di tua madre? – chiese al silenzio.
Pag. 64-65

Il turbamento, l’incertezza e la paura che deriva dall’apprendere questa notizia fa sì che nel rapporto tra padre e figlio crollino tutte le reciproche convinzioni, le idee e i pensieri verso l’altro lasciando emergere tutta la loro fragilità.
Da questa rottura, padre e figlio, cercano di riparare agli errori commessi, ai torti subiti e alle mancate comprensioni con un lungo dialogo, raccontandosi, nel modo più naturale, tutto ciò che si erano tenuti dentro per anni: l’amore del padre per la moglie scomparsa prematuramente, l’adolescenza di Sergio, il tumore terminale al cervello, l’omosessualità di Sergio tenuta nascosta, le menzogne, le offese, i silenzi e le paure sino a raggiungere un sereno equilibrio.

Nel tempo in cui Sergio si appresta ad accompagnare il padre nei suoi ultimi momenti di vita, al commissariato si occupa della sparizione di Michele Ludovisi un bambino di undici anni dotato di grande sensibilità e notevoli capacità di apprendimento.

Le ricerche condurranno il commissario Striggio ad un ulteriore viaggio dentro di sé partendo dalla sua infanzia la quale, riemerge mentre è immerso nel silenzio della stanza da letto di Michele e nelle parole della madre, Gea Ludovisi, quando descrive suo figlio e a Sergio pare di conoscerlo e si rivede bambino.

“Ho detto troppe bugie”

Durante l’indagine per la morte di una donna, apparentemente legata alla sparizione di Michele, in una tasca del suo cappotto viene ritrovato un biglietto piegato in quattro e con su scritto “Ho detto troppe bugie“.
I vari personaggi di Del dirsi addio sono accomunati dalla menzogna, da quella verità che hanno cercato di alterare per tanto tempo, consapevolmente o meno, al fine di fornire un’immagine di sé che fosse accettabile dalle persone amate, ma anche da chi semplicemente li circonda.

Ci si fa del male pur di apparire agli occhi altrui come pensiamo ci vorrebbero vedere, ci si fa del male cercando di nascondere un passato ingombrante e illudendoci di poterlo cancellare, eppure, l’unico modo per essere liberi è quello di amare noi stessi così come siamo, riconoscere il problema per poi affrontarlo perché la verità, prima o poi, come accade ai personaggi di Del dirsi addio, emerge in tutta la sua crudeltà.

Sergio e suo padre si erano fraintesi per troppo tempo, ma ora ogni fraintendimento sarebbe stato sanato.” pag. 296

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