Evelina Murgia su Grazia Deledda e Elias Portolu, intervista

Qual è il primo libro che hai letto di Grazia Deledda e cosa ti è rimasto impresso

Il primo libro che ho letto è stato Il segreto dell’uomo solitario e ciò che mi ha colpito molto non è tanto la storia dei personaggi Cristiano, Ghiana e Sarina, ma la descrizione della natura che secondo me, è insieme ai personaggi principali la protagonista e, come la musica, si fa portavoce dei sentimenti umani.

Inoltre, mentre lo leggevo, ma questo mi succede con tutti i romanzi della Deledda, mi sentivo compresa. Penso che tra me e la scrittrice ci sia una certa affinità, come se anche lei durante la sua gioventù in Sardegna avesse provato i miei stessi sentimenti. Sono anche dell’idea che la Deledda sia encomiabile per aver continuato a coltivare la sua passione per la letteratura, nonostante si sia fermata alla quinta elementare, e guardasse oltre all’ambiente isolano sognando la città. Viveva la sua vita secondo le sue passioni e interessi rompendo le regole di vita di una donna nei primi anni del Novecento in Sardegna; per questo motivo la ammiro tantissimo.

Un pensiero sul libro Elias Portolu

È uno dei romanzi della Deledda che ho apprezzato maggiormente. Sono rimasta affascinata dal bellissimo dialogo attraverso lo sguardo tra Elias e Maddalena. Quando ci si parla guardandosi negli occhi non menti, è come stare in una realtà diversa da quella concreta.

Elias e Maddalena s’incontrano in una sorta di realtà surreale in cui ci sono solo loro che si guardano e avvertono la loro presenza. Infatti, tutti gli altri personaggi non si accorgono di nulla, tranne prete Porcheddu e in seguito zio Martinu. Come nel romanzo Marianna Sirca, in cui la protagonista insieme all’amato Simone, contemplano la loro immagine riflessa nel fondo di un pozzo e scoprono così di stare “assieme in un luogo lontano e fuori del mondo”.

La difficoltà sta poi nel scendere da questa dimensione di sogno e ricrearla nella realtà corporea dove non si è più soli ma bisogna convivere con le persone, con le gabbie morali della società o quelle sentimentali da cui spesso, come accade nei libri Elias Portolu e Marianna Sirca, ostacolano e impediscono di vivere serenamente per cui si finisce per fare del male a se stessi e alle persone che ci circondano.

Che cosa è cambiato secondo te in Sardegna oggi e che cosa non lo è leggendo i libri di Grazia Deledda

Parlando di Grazia Deledda con un mio amico torinese che ha letto molti suoi libri, mi sento ripetere spesso che è una scrittrice anacronistica legata al suo tempo, ed è per questo che molte persone non sanno neanche chi sia la Deledda e che sia stata la prima donna nella Letteratura ad aver vinto il premio Nobel nel 1926.

Son d’accordo sull’ultima affermazione perché io stessa durante i cinque anni del Liceo non ho mai sentito nominare la Deledda nelle lezioni di Lettere. Son stata io, di mia iniziativa a voler conoscere questa scrittrice perché mi vergognavo di non sapere nulla. In quanto sarda, penso di avere il dovere di conoscere questa scrittrice che ha dato tanto alla Sardegna e all’Italia in generale.

La Deledda nei suoi romanzi sonda i rapporti interpersonali, in particolare quelli che si creano tra una donna e un uomo vittime o prigioniere delle convenzioni sociali e che si scontrano inevitabilmente con i loro sentimenti.

I matrimoni, in quegli anni, spesso avvenivano per concordanza delle famiglie per mantenere alta la loro ricchezza, ci si sposava per convenienza sociale ed economica e questo portava ovviamente a un benessere puramente materiale e non psicofisico. Penso che la Deledda con i suoi romanzi abbia voluto risvegliare – educare le persone alla libertà dei sentimenti, agli impulsi nobili.

Per quanto mi riguarda, ora i rapporti tra una donna e un uomo sovente si basano sul rispetto reciproco senza aver la necessità di definire il ruolo della persona all’interno della coppia e in questo modo si condivide la bellezza delle cose fatte assieme, dalle esigenze quotidiane che riguardano la casa, agli impegni lavorativi e ai vari interessi culturali.

Nonostante siano passati cento anni dalla pubblicazione dei romanzi della Deledda, quando vedo certi uomini e soprattutto certe donne, penso che per loro il Sessantotto non sia mai esistito e non ne siano a conoscenza. Le donne stesse continuano a vedersi come l’angelo del focolare e l’unica responsabile dell’educazione dei figli che sacrifica totalmente le sue passioni, il suo mondo interiore per servire l’uomo e la famiglia.

Secondo me, dipende tanto dal grado culturale della persona e quindi dagli strumenti che ha acquisito studiando, leggendo, viaggiando ma soprattutto dalla sensibilità e apertura mentale che si possiedono e che gli permettono di comprendere meglio la società che cambia, nel bene e nel male.


Evelina Murgia nasce a Carbonia nel 1987. Si diploma al Liceo Artistico Remo Branca di Iglesias con una tesina sul pittore surrealista Salvador Dalì. A vent’anni lascia la Sardegna per trasferirsi a Torino e frequentare la facoltà di Scenografia presso l’Accademia Albertina.
Nel corso degli anni di studio s’iscrive a un corso di recitazione della compagnia teatrale Compagni di Viaggio e con cui porterà in scena due spettacoli, Dio di Woody Allen e I Fisici di Dürrenmatt, occupandosi anche della scenografia e dei costumi.

Nel 2009 lavora come assistente ai costumi per il film Le ragazze dello swing. Negli anni successivi collabora all’allestimento di alcune mostre e ambienti tra cui lo Share Festival di Torino.

Nel 2015 si laurea con una tesi di costume per il teatro d’Opera seguita dalla costumista teatrale, Zaira de Vincentiis.

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