La storia sono io, Ugo Gregoretti. Trama e recensione

La storia sono io è un autobiografia dove sono raccolte, sotto forma di sceneggiatura, le memorie del regista e intellettuale Ugo Gregoretti, dall’infanzia all’età adulta.

Come direbbe lo stesso Ugo Gregoretti, io non appartengo al target di persone che hanno visto i suoi programmi negli anni del boom cinematografico e televisivo per cui, se lo avessi incontrato per le vie di Roma non me lo sarei filato.

Il suo nome lo legavo a quello di Eugenio Guglielminetti, scenografo e costumista, nonché amico dello stesso Ugo Gregoretti, su cui avevo realizzato la tesi per la laurea triennale e che mi aveva permesso di conoscere Ezio Torta, il quale mi regalò dei video-documentari sulla loro attività.
È così che, presa dalla curiosità, sono andata all’incontro con il regista romano che si è tenuto al Polo del ‘900, centro culturale di Torino.

La storia sono io, Ugo Gregoretti al Polo del '900, Torino.
La storia sono io, Ugo Gregoretti al Polo del ‘900, Torino.

La storia sono io al Polo del Novecento di Torino

Dalla porta d’ingresso, Ugo Gregoretti si dirige lentamente verso la poltrona accompagnato dal caloroso applauso del suo pubblico.
Ad introdurre la conversazione tra Gregoretti e il critico cinematografico Steve Della Casa, l’attore Pietro Giau legge alcuni brevi estratti da La storia sono io.

I pranzi di famiglia dai nonni per le festività, la cuoca Marietta che di nascosto recitava a tutti i nipoti le barzellette contro il fascismo e il nonno Gino, che aveva l’incarico onorifico di membro della Commissione per la difesa della “italianità” della lingua e la conseguente italianizzazione dei molti anglicismi e francesismi.

Nonno Gino – Oggi l’ho avuta vinta in Commissione, hanno accettato la mia proposta di come cambiare nome al bidet: diventa bidetto. Capito? D’ora in poi dovete chiamarlo così in italiano: «Mi faccio un bidetto», «Ti sei fatto un bidetto?»
Io – Io no, non me lo faccio mai!
Nonna Piccola – Gino, ma proprio a tavola questi discorsi?
Nonno Piccolo – È stata una battaglia difficile, il marchese Linguiti aveva proposto “sciacqua-sfinteri”!
Nonna Piccola – Ma Ginooo!
Io – Nonna, che vuol dire sfinteri?
Nonna Piccola era sempre più agitata. …

Qui trovi l’estratto del libro!

Eugenio Guglieminetti e Ugo Gregoretti
Eugenio Guglieminetti e Ugo Gregoretti

Dopo aver sorriso nell’ascoltare questi brevi ma significativi racconti, Ugo Gregoretti ci descrive, con la voce da cui traspare il peso dei suoi anni, il suo rapporto con la città di Torino dove sono nate quasi tutte le cose che ha fatto nell’ultimo decennio (nel bene e nel male), e che queste hanno un legame di amore e disamore, assolutamente reciproco tra me e Torino.

Gregoretti ha avuto un ruolo importante nella vita culturale di questa città, dove ha dimostrato di essere un genio multiforme dello spettacolo; dall’esperienza in Rai con il suo apporto di innovazione e sperimentazione e in cui si è misurato anche come regista lirico con la trasposizione televisiva di una delle opere che lo appassionano maggiormente, quale è L’Italiana in Algeri di Rossini. E infine, la nomina come direttore del Teatro Stabile di Torino dal 1985 al 1989.

La conversazione prosegue parlando della sua attenta militanza politica, dalla lotta di classe negli anni ’60 alla rivolta nelle fabbriche da cui è nato nel ’69 il film Apollon: una fabbrica occupata, che documenta la battaglia intrapresa dal personale per difendere il posto di lavoro.
Una scelta di campo fatta totalmente e anticipatamente rispetto a molti altri, interviene Della Casa.

Era il riproporsi di un vecchio sentimento, l’amore per la povera gente, afferma Gregoretti.
La nonna era una Marchesa del Sacro Romano Impero ed era una donna profondamente pietosa.

Aveva un amore per la povera gente, un amore che mi inculcò.
Un amore per i bambini poveri che io trovavo orrendi con le gambette secche e poi, evidentemente la cosa mise radici e diventai anche io qualcuno che coltivava amore per i poveri.

Scelsi di entrare nel partito della povera gente. Il motore era la voglia di fare, di proteggere la povera gente. È difficile far capire una cosa così.

Ugo Gregoretti interprete di Viaggio a Goldonia
Ugo Gregoretti interprete di Viaggio a Goldonia

Lentamente il tono di voce di Gregoretti si fa lieve e le pause tra le parole diventano più lunghe. Nel momento in cui ci racconta delle sue Tigri di Mompracem s’interrompe per dirci Non mi sento bene, scusate. E mentre si dirige, accompagnato dagli operatori del Polo fuori dalla sala, come se tutto fosse apposto ci suggerisce: Continuate! Pronunciato con quel suo umorismo che ci ha fatto sorridere, seppur preoccupati per il suo malessere.

Dopo qualche minuto Gregoretti ritorna in sala sulla sedia a rotelle e sullo schermo viene proiettato il documentario sullo sceneggiato televisivo Uova Fatali, chiamato I segreti delle Uova fatali, che mette in luce tutti i retroscena della realizzazione di un film; il ruolo del regista, dello scenografo, del costumista e di tutti gli operatori, compresi attori e comparse, tutti elementi che all’epoca erano sconosciuti a gran parte delle persone.
Tutte le tecniche di ripresa e gli effetti speciali le conoscevo per i miei studi all’Accademia Albertina di Torino e per questo io e il mio fidanzato, che anche lui conosceva il film Effetto Notte capolavoro di François Truffaut, pensavamo di non rimanere visto che ormai si era fatto tardi e la presentazione era di fatto conclusa.

L'Italia che fa spettacolo di Cesare Zavattini, regia di Ugo Gregoretti
L’Italia che fa spettacolo di Cesare Zavattini, regia di Ugo Gregoretti

Però, durante la proiezione, mentre il mio fidanzato seguiva con interesse il documentario, io osservavo lo sguardo di Gregoretti che dallo schermo si spostava a seguire le persone alzarsi e dirigersi, senza voltarsi, verso l’uscita.
In quei momenti mi suscitava tenerezza e decisi di rimanere sino alla fine per non essere anch’io una causa di un suo piccolo dispiacere.
E fortuna che l’ho fatto! Se all’inizio del documentario non pensavamo di imparare qualcosa di nuovo, proprio alla fine siam rimasti stupiti per come venivano realizzati i titoli di coda, con un rotolino di carta nero, con appiccicate sopra le lettere bianche, fatto passare di fronte ad una videocamera. Chi lo avrebbe mai immaginato!

In effetti è questo è il sentimento che contraddistingue La storia sono io, lo stupore nello scoprire nuove cose all’interno di informazioni che in qualche modo si conoscono già.

La serata si è conclusa così come è cominciata, con un lungo e caloroso applauso a Ugo Gregoretti.

Perché leggere La storia sono io di Ugo Gregoretti

È indubbiamente un libro denso di storia, come afferma Steve Della Casa, di informazioni insieme a tanto divertimento.
Il bello di leggere le autobiografie come La storia sono io, non è dato solo dallo scoprire ricordi inediti sulla vita dell’autore, ma conoscere il suo pensiero sulle cose oltre al potersi riconoscere in alcuni suoi modi di fare e di essere.

E come spesso accade durante la lettura di un libro, troviamo le risposte alle nostre domande come fosse una sorta di oracolo che dispensa saggi consigli e tutto ci appare più chiaro. Come è successo a me nel periodo in cui leggevo La storia sono io e pensavo ad alcune mie caratteristiche, e se queste fossero ordinarie, finché non mi è capitato di leggere questo aspetto di Gregoretti:

Amo immaginare situazioni e inventare dialoghi tra me e uno o più interlocutori esistenti o immaginari, che replico più volte finché non mi sembrano perfetti.
L’apice della facondia lo raggiungevo quando ancora guidavo l’automobile, specie nei lunghi viaggi, beninteso se da solo. …

Da qui ho capito che l’immaginare dialoghi tra me e uno o più persone che siano reali o inventate, è una cosa che posso continuare a fare senza pensare di essere la sola a farlo.


Sguardi

Lo scenografo Eugenio Guglielminetti su Ugo Gregoretti

Il romanzo popolare di Giovanni Cena, 1975, regia di Ugo Gregoretti

Il fascino del romanzo popolare sta nelle colorite descrizioni di ambienti, situazioni e atteggiamenti che, come perfette didascalie di immagini, aiutano l’immaginazione del lettore e di conseguenza degli scenografi. … Anche Gregoretti immagina re Vittorio trasformato in maestro di musica che guida pause e attacchi della ciurma del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo. …

Gregoretti coglie bene ogni sfumatura. Gioca da maestro con l’ironia, con la satira e io suo scudiero, gli sto appresso pieno di entusiasmo. …

Ugo Gregoretti e l’esperienza lavorativa con Eugenio Guglielminetti

Una volta per me il rosso era il rosso, il verde era il verde, una casa una casa, la luna la luna. Dal ’73 a oggi tutto è cambiato. In quell’anno collaborai per la prima volta con Guglielminetti (Le tigri di Mompracem) e cominciai a capire che sino a quel momento ero stato, nel mio lavoro di “cineteleasta-verité”, come cieco per i valori “figurativi” dell’inquadratura e dell’ambientazione scenica.

Non avevo mai creduto, infatti, che fosse lecito trasferire nell’immagine filmica il bagaglio di cultura pittorica che pur mi portavo dietro, convinto che amore per la storia dell’arte e scopo della regia fossero cose naturalmente separate, valori propri di sfere non contaminabili: astratta, lirica, formalistica, disinteressata, “pura” la prima, concreta, pratica, realistica, contenutistica, “vera” la seconda.

Guglielminetti mi ha dato, col suo insegnamento e il suo stimolo, il coraggio per superare questa artificiosa e un po’ moralistica distinzione, mi ha trasmesso il suo perfezionismo estetico un po’ maniacale, mi ha fatto capire che a volte c’è più verità nel finto che nel vero, che una rosa può essere più giusta grigia che rosa, anche se il titolo della commedia prescrive “rose scarlatte”, che una notte di luna può essere più poetica se mancano completamente le tracce del chiaro di luna.

Insomma, mi ha chiuso gli occhi del vedere naturalistico e mi ha aperto quelli della visionarietà liberatrice.
Come potrò mai ripagarlo?

Dal libro che Marida Faussone, memoria storica dello scenografo piemontese, mi aveva regalato:
E. Guglielminetti, Scenografie e costumi per la televisione. Lindau, 1996.

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