Ci sono stati momenti mentre leggevo Un uomo in cui la mia mente è ritornata spesso al giorno in cui l’avevo acquistato. Ero all’edicola di Piazza Castello a Torino e, in piedi al mio fianco, un signore di una certa età, nel sentire la mia richiesta all’edicolante, ha esordito con tono mesto: “Ohhh, che libro doloroso!“
E allora ecco l’esclamazione che ritorna nella mia mente quando il poeta greco Alekos Panagulis, al tempo studente del Politecnico, subisce sevizie e torture inaudite a livello fisico e psicologico dopo esser stato catturato e arrestato dall’esercito greco nel 1968 in seguito al suo tentativo di uccidere il tiranno Geōrgios Papadopoulos.
Nel corso della detenzione nel carcere del regime dei Colonnelli a Boiati, Panagulis, che viene condannato a morte, tenta di evadere più volte e vi riesce una sola volta grazie all’aiuto di un soldato che gli si dimostra devoto, il Caporale Morakis.
Una volta evasi i due si dividono, Panagulis si rifugia in casa di un lontano parente, un cugino di secondo grado che aveva avuto rapporti con la Resistenza.
Questi invece lo tradirà per riscuotere la taglia e quindi un mattino la casa fu invasa da una ventina di poliziotti in borghese che spianavano la rivoltella: “Mani in alto, o spariamo!”
Panagalus è costretto a uscire e il ministro dell’Ordine Pubblico gli si rivolge con queste parole:
Credevi d’avere schiavi ubbidienti e devoti, eh? Da domenica noi sapevamo che stavi in via Patmos 51! Non siamo entrati prima perché speravamo che tu uscissi: avevamo promesso al tuo cuginetto di non prenderti in casa. Lui era venuto qui: “Tanto è nervoso, uscirà. Non gli ho lasciato neanche un po’ da mangiare!”
Difficile non sentirsi coinvolti emotivamente, e come non porsi nello stato d’animo di Panagulis, tradito e umiliato dai suoi stessi membri dell’organizzazione?
Si fanno delle pause nel corso della lettura di Un uomo, per far passare il dispiacere.
Il romanzo della vita di Alekos Panagulis proseguirà con la continua lotta al Potere e subendo ulteriori torture sino alla scarcerazione per grazia ricevuta, pur non avendola mai richiesta.
Dopodiché Panagulis avrà modo di conoscere la scrittrice e giornalista Oriana Fallaci, con la quale proseguirà la lotta per gli ideali di libertà e verità sino a quando non cadrà vittima del potere e della massa di persone che si battono per l’anti-potere, quelli che oggi definiamo populisti.
Sono le persone che pensano di mostrarsi diverse, parlano per slogan e si muovono in massa, o la pensi come noi o sei fuori, e così la persona singola perde la sua individualità per essere parte integrante della dottrina di massa, e per queste ragioni, i populisti sono ben lontani dal promulgare concetti di libertà e di giustizia.
Negli ultimi mesi della sua vita, Panagulis sentiva un presentimento di morte e per questa ragione chiede ad Oriana Fallaci di scrivere un libro sulla sua vita, una volta morto.
Un uomo racconta la tragedia dell’individuo che non si adegua, che non si rassegna, che pensa con la propria testa, e per questo muore ucciso da tutti. Eccola, e tu mio unico interlocutore possibile, laggiù sottoterra, mentre l’orologio senza lancette segna il cammino della memoria.” Dal prologo di Un uomo.
È un libro duro e la Fallaci, come è nel suo stile, ci racconta gli avvenimenti con una scrittura coraggiosa che non ha paura di esporre le proprie idee, le sue impressioni e le emozioni. Utilizza i dialoghi interpersonali e i ricordi per portarci, insieme alle descrizioni accurate degli spazi, direttamente sul luogo dei fatti.
E se per Harry Quebert, protagonista del romanzo La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker, “un bel libro è un libro che dispiace aver finito”, nel caso di Un Uomo, per quanto si tratti un libro toccante, non dispiace portare a termine, e ci si sente quasi sollevati perché tutta la sofferenza riportata giunge finalmente all’epilogo.