Il visconte dimezzato, Italo Calvino

Lo scrittore Italo Calvino scrive il romanzo Il visconte dimezzato nel 1952 e come i grandi Classici della Letteratura, per quanto siano passati più di cinquant’anni dalla prima pubblicazione, Il visconte dimezzato continua ad essere una storia contemporanea, divertente e allo stesso tempo seria; perché chi non sa ridere non è una persona seria… direbbe Frédéric Chopin. Difatti Italo Calvino utilizza l’ironia e si serve della fantasia per affrontare diverse tematiche e farci riflettere sui sentimenti umani e la società.

I personaggi de Il visconte dimezzato illustrati da Emanuele Luzzati

Allora occorre entrare nella lettura del libro con lo spirito giusto, come quando si va a teatro e accettiamo di credere, ad esempio, che gli attori bevono il caffè da una tazzina in realtà vuota.

Ebbene, lettori, eccoci in Boemia in una guerra contro i turchi dove il visconte Medardo con fare entusiasta e inesperto, riceve una cannonata in pieno petto e per il quale perde la parte sinistra del suo corpo. Ritorna nel suo feudo a Terralba orrendamente mutilato e trasformato nell’io interiore; il mondo ha ora le sembianze della conflittualità, dell’indifferenza e della prepotenza; e la guerra per Medardo non è ancora finita. Il campo di battaglia è il suo feudo e i nemici da combattere sono le persone e le cose che gli stanno accanto poiché non hanno le sue sembianze.

Eccolo commettere nefandezze verso i sudditi e suo nipote di soli otto anni che tenta di uccidere in vari modi. Ma ecco che ora si sbizzarrisce nel dimezzare la natura: pere tagliate per il lungo e appese ancora ciascuna al proprio gambo ma private dell’altra parte, una mezza rana che salta, metà convulse di polpi, di funghi e di tutto ciò che incontra sui suoi passi.

Se c’è una metà cattiva, c’è anche la metà buona?

La metà buona il visconte la perde durante la guerra, tuttavia passato del tempo, il Buono ritorna a Pratofungo, il paese asilo di lebbrosi, e si contraddistingue dal Gramo, la parte cattiva, poiché l’unico suo modo di vivere è quello di intenerirsi e provare pietà in modo esagerato. Ci si accorge quindi che questo modo di porsi risulta falso e ipocrita e arreca danno al prossimo.

Il comportamento del Gramo all’opposto riflette la situazione del reduce di guerra il quale, ritornato a casa non è più in grado di inserirsi nella società e vive il tormento che il ricordo dell’orrore della guerra gli provoca.

Locandina (particolare) del film diretto da Rouben Mamoulian nel 1931, il primo (non muto) basato sul longseller di Robert Louis Stevenson

La divisione del visconte in due parti distinte riporta alla mente del lettore avvezzo il romanzo dello scrittore inglese Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del Dottor Jekill e di Mr. Hyde, dove l’argomento ruota sull’eterna lotta del male contro il bene, conflitto interiore che ogni persona ha modo di vivere. Anche se l’intento di Calvino, come afferma nella presentazione del libro, era scrivere una storia che oltre a divertire parlasse dell’incompletezza della persona e questo aspetto si nota particolarmente nel dottor Trelawney, un medico che nella vita non è stato in grado di realizzarsi e si dedica alla ricerca dei fuochi fatui rifiutandosi di curare gli ammalati.

Ci sono anche gli Ugonotti alla ricerca della propria identità, e il carpentiere Mastro Pietrochiodo al servizio del Gramo nella costruzione di forche e macchine di tortura per uccidere gli innocenti che, nonostante s’interroghi sulla possibilità di costruire qualcosa di ingegnoso da rivolgere a un utilizzo nobile, non riesce a trovare un nobile scopo e per di più finisce per abituarsi e rassegnarsi alla vista delle atrocità:

I cadaveri stecchiti e le carogne di gatto penzolarono tre giorni e dapprima nessuno a nessuno reggeva il cuore di guardarli. Ma presto ci si accorse della vista impotente che davano, e anche il nostro giudizio si smembrava in disparati sentimenti, così che dispiacque persino decidersi a staccarli e a disfare la gran macchina.”

Illustrazione di Emanuele Luzzati per Il visconte dimezzato

Come abbiamo visto Calvino con una storia fantastica, tra il fiabesco e l’assurdo, affronta anche il tema dell’uso della tecnica e della tecnologia a scopi distruttivi.
Queste le sue parole:

“Io credo che il divertire sia una funzione sociale… Anche uno scrittore molto attento ai contenuti come Bertolt Brecht diceva che la prima funzione sociale di un’opera teatrale era il divertimento . Io penso che il divertimento sia una cosa seria.”

Le due metà separate si uniranno?

Alla fine, grazie a Pamela la contadina di cui si sono innamorati sia il Buono che il Gramo, le due parti separate si uniscono, e il Visconte dimezzato ritorna a essere un uomo intero, come tutte le persone: un insieme imprescindibile di bene e di male. Il visconte dimezzato ci insegna che è attraverso la conoscenza di entrambe le parti che possiamo raggiunge un equilibrio di bontà e malvagità.

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