Lessico famigliare, Natalia Ginzburg. Trama e recensione

Lessico famigliare è un insieme di ricordi dell’autrice: l’infanzia trascorsa a Torino, le vacanze in montagna con i fratelli Gino, Alberto, Mario e Paola, le poesie e i giochi inventati, il cinematografo e i primi tram torinesi. E ritrovarsi d’un tratto adulti, con i figli da proteggere dalla guerra e dalla paura della morte.

Un affresco sulla storia della famiglia di Natalia Ginzburg, ebrea da parte del padre e cattolica per madre, a partire dal 1919 anno in cui il padre, Giuseppe Levi, aveva ottenuto la cattedra di Anatomia Umana all’Università e dove aveva insegnato ai tre Premi Nobel: Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco e Salvador E. Luria. Il libro prosegue sino agli anni Cinquanta quando Cesare Pavese, amico di Natalia Ginzburg, decise di suicidarsi, e la vita quotidiana si era da poco intrecciata con la storia dell’Italia fascista.

Trama di Lessico Famigliare

Attraverso il lessico utilizzato dalla sua famiglia, Natalia Ginzburg ne ricostruisce le vicende. Narra delle gite estive in montagna con le scarpe chiodate, pesanti e grosse che il padre faceva portare, e delle sere passate in casa, attorno alla tavola, insieme alla madre e ai fratelli a chiacchierare e a giocare, mentre il padre leggeva in un’altra stanza e ogni tanto, si affacciava con un’espressione sospettosa e accigliata.

Racconta delle abitudini del padre, delle sue sfuriate che esplodevano improvvise e di cui si aveva timore; di quando si alzava alle quattro del mattino per andare a guardare se il mezzorado, lo yogurt che aveva imparato a fare quando lavorava in Sardegna, era venuto bene, altrimenti lo si sentiva urlare per il corridoio “Lidia! Il mezzorado non è venuto!”.
Aveva l’abitudine di urlare poiché non sapeva controllare il timbro della sua voce, anche nei corridoi del laboratorio dove lavorava, e per le strade, mentre esprimeva alle persone che lo accompagnavano a casa il suo pensiero sui suoi colleghi fascisti, e quelli si guardavano attorno spaventati.
Secondo lui non c’era, contro il fascismo, nulla, assolutamente nulla da fare.

La madre, al contrario, aveva una natura lieta, e dovunque trovava delle persone da amare e dalle quali essere amata. Anche dopo aver pianto, diventava molto allegra, tanto da mettersi a cantare a squarciagola per tutta la casa.
Al mattino faceva una doccia fredda e per riscaldarsi si strofinava, dopo la doccia, dei guanti tutti spinosi, e con tono gioioso diceva: son gelata, sono ancora tutta gelata! Che freddo che fa!. Si avvolgeva nell’accappatoio e con la tazza del caffè in mano passeggiava per il giardino, dopodiché usciva nella speranza di sapere se qualcuno avesse fatto cadere Mussolini e diceva: vado a vedere se hanno buttato giù Mussolini.

Lessico famigliare, Natalia Ginzburg
Natalia Ginzburg

E quando si annoiava, perché ormai i figli si eran sposati, sperava che le venisse l’influenza per farsi curare da Alberto che era diventato medico.

La Ginzburg inoltre, racconta dei fratelli e dei loro amici, le passioni condivise e le litigate, ognuno con i suoi modi di fare e dire, l’impegno negli studi e nel costruire la propria identità personale, nonostante la dittatura fascista e la campagna razziale. “Mario era stato fermato da guardie della dogana, e queste avevano perquisito l’automobile, e vi avevano trovato opuscoli antifascisti. Mario e il suo amico erano stati fatti scendere, e le guardie li stavano accompagnando al posto di polizia; e passavano lungo il fiume. Mario d’un tratto s’è svincolato, s’era buttato nel fiume vestito com’era…”

Perché leggere Lessico famigliare di Natalia Ginzburg

Lessico famigliare è un libro importante per non allontanarsi dal senso della famiglia, dell’amicizia e della difesa dei valori votati all’umanità.

Secondo me, il senso della famiglia, in questo libro, lo si percepisce in quei momenti in cui si sta seduti a tavola per mangiare, e si raccontano le storie. Le storie dell’infanzia della madre che ama raccontare di quanto si divertiva durante gli anni del collegio, della sua vita in altre città, delle sue amiche e del perché utilizza alcune frasi in determinate occasioni, ricordando in questo modo, un fatto lontano o persone mai più rincontrate.
Oltre a ciò, nei momenti in cui si sta assieme, la sera, sempre attorno alla tavola, con i loro amici che sovente andavano a trovarli, si scrivono e si recitano poesie oppure, si canta o s’inventano giochi come quello in cui le persone che conoscono sono divise in minerali, animali e vegetali.

Il raccontare, l’inventare e il giocare diventano così un momento magico in cui il tempo umano si ferma dal suo fluire infinito, e ci s’immerge in un altro presente, quello della storia narrata, della poesia e del gioco.

Lessico famigliare, Natalia Ginzburg
Adriano Olivetti fra le fabbriche

Lessico famigliare è di grande interesse per la descrizione che Natalia Ginzburg fa alle persone che hanno contribuito ad animare la cultura, la politica e il progresso non solo del Piemonte ma dell’Italia intera. Tra questi, il pittore Felice Casorati, l’industriale Adriano Olivetti e il politico Filippo Turati insieme all’anarchica Anna Kuliscioff. La Ginzburg ha conosciuto anche l’editore Giulio Einaudi, gli scrittori Felice Balbo, Elio Vittorini e il marito Leone Ginzburg che pagherà con la propria vita la fedeltà ai suoi ideali.

Solitamente di queste persone si legge che cosa hanno fatto, si parla delle loro opere, del loro pensiero filosofico ma quasi mai si conoscono dal punto di vista delle abitudini quotidiane o nelle loro espressioni e negli stati d’animo in alcuni momenti come quando, in casa dei Ginzburg, si era nascosto per otto giorni Filippo Turati sotto il nome di Paolo Ferrari e la scrittrice lo descrive come un uomo grande come un orso, e con la barba grigia, tagliata in tondo. Aveva il collo della camicia molto largo, e la cravatta legata come una corda.

Di Adriano Olivetti la scrittrice scrive che era un amico di famiglia con cui avevano combattuto silenziosamente contro il fascismo e di cui la Ginzburg ricorderà sempre il grande conforto che sentii nel vedermi davanti, quel mattino, la sua figura che mi era così familiare, che conoscevo dall’infanzia, dopo tante ore di solitudine e di paura… E aveva, quando scappammo da quella casa, il viso di quella volta che era venuto da noi a prendere Turati, il viso trafelato, spaventato e felice di quando portava in salvo qualcuno.


Sguardi

Eugenio Montale su Natalia Ginzburg

“Ho conosciuto Natalia Ginzburg, poco più giovane di mia madre, ancora bambino. Non so più in che anno siamo diventati vicini di casa, abitavo come Natalia a due passi dal Pantheon in una Roma buia, stupenda, dominata dai gatti (che non ci sono più) e infestata dai topi. Se la incontravo per strada la salutavo dandole del lei. Natalia mi rispondeva dandomi un tu non so se affettuoso e distratto o solo distratto.” … Continua sulla pagina del Corriere della Sera.

Un pensiero su “Lessico famigliare, Natalia Ginzburg. Trama e recensione

  • 6 Luglio 2018 alle 14:22
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    Sono stata sempre affascinata dai personaggi, miei contemporanei, che ho conosciuto solo attraverso la carta stampata, di così grande spessore morale.

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